STILI DI VITA E LINFEDEMA

1PREVENZIONE

Educazione Terapeutica, Stili di Vita e Diagnosi precoce

E’ importante sottolineare la valenza di innovativi percorsi di prevenzione primaria e secondaria del linfedema, rivolti a tutti i pazienti affetti o a rischio di sviluppare il linfedema, per cercare di prevenire o quanto meno diagnosticare la patologia alle sue prime manifestazioni fornendo loro cure tempestive ed appropriate oltre che avviarli a programmi di educazione terapeutica e di adeguati stili di vita come ad esempio una corretta attività fisica ed una sana alimentazione.

    2STILI DI VITA

Educazione Terapeutica, Stili di Vita e Diagnosi precoce

Numerose evidenze scientifiche hanno dimostrato come una corretta alimentazione e la pratica costante di attività fisica sono fattori importanti nella prevenzione del linfedema (che vede nell’aumento del peso e nella sedentarietà due tra i principali fattori di rischio) e di molte altre patologie cronico-degenerative, incluse quelle oncologiche. Ma gli effetti benefici dell’esercizio fisico regolare e un’alimentazione equilibrata vanno oltre la prevenzione; migliorano infatti anche la risposta alla fisioterapia decongestiva del linfedema.

3ATTIVITA’ FISICA

Educazione Terapeutica, Stili di Vita e Diagnosi precoce

E’ necessario pertanto sensibilizzare i pazienti ad attuare adeguati stili di vita che comprendano anche la pratica di una regolare attività fisica. E’ anche vero che, in ambito linfologico, uno degli argomenti più controversi è proprio l’opportunità o meno di praticare delle attività fisiche e sportive.

Spesso i pazienti chiedono: posso fare attività fisica o sportiva?

Un arto a rischio o affetto da linfedema non deve essere sollecitato meno degli altri. L’attività muscolare stimola il flusso venoso e linfatico, purché si presti attenzione ad alcuni principi fondamentali. Come ad esempio, qualora il linfedema sia già manifesto, utilizzare l’indumento elastocontenitivo durante l’esercizio, perché gli indumenti elastocontenitivi, come del resto il bendaggio linfologico, aumentano l’efficienza delle pompe muscolari nel drenare l’edema linfatico.

 4. ATTIVITA’ FISICA E SPORTIVA

Progressività e dosaggio dell’esercizio

La ricerca ha dimostrato che nei pazienti affetti da linfedema, l’esercizio fisico è sicuro purché controllato e progressivo. In primo luogo, iniziare lentamente e senza eccesso. Non tutte le attività fisiche e sportive sono consigliabili. Probabilmente il nuoto, il nordic walking, la cyclette, la deambulazione in piano all’aperto o sul tapis roulant, il pilates e lo yoga sono le discipline più facilmente praticabili e che più si adattano a queste esigenze, ma non sono le uniche. Utile anche il dragon boat e il canottaggio Quest’ultime attività, potrebbero sembrare un po’ troppo “pesanti” ma, in contrasto con le teorie relative all’argomento, il movimento ritmico e ciclico della pagaiata sembra costituire una sorta di linfodrenaggio naturale in grado di favorire il deflusso linfo-venoso senza comportare alcun rischio per l’arto a rischio o già affetto da linfedema. A questo si aggiungono i notevoli benefici psicologici dello stare in squadra con persone accomunate dallo stesso percorso di malattia. E’ buona regola farsi guidare dal buon senso, prestando sempre attenzione a non esagerare rispettando i limiti del proprio corpo e seguendo un programma di allenamento graduale.

 

5. ATTIVITA’ FISICA E SPORTIVA

Programma personalizzato

Ma per raggiungere gli effetti prima menzionati è estremamente importante che l’attività fisica sia personalizzata, come dire di “tipo sartoriale”, “ritagliata su misura”, ne’ in eccesso ne’ in difetto, tale da provocare i giusti adattamenti da parte dell’organismo. Per far questo è estremamente importante rivolgersi al proprio centro linfologico di riferimento al fine di poter valutare quale attività fisica è possibile effettuare e soprattutto quanta intensità è possibile sostenere; dopodiché affidarsi a persone esperte che siano in grado di erogare il giusto quantitativo di attività fisica.

Beautiful ABC

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A circa 1 donna su 8 viene diagnosticato il tumore mammario. Il 30% si sottopone ad una mastectomia o all’asportazione di buona parte del seno e solo alla metà di queste la ricostruzione avviene immediatamente. Le donne rinunciano oppure vengono sottoposte a interventi successivi che diventano più complessi procrastinando anche nel tempo il recupero della propria immagine corporea e del proprio benessere.

La situazione, inoltre, è diversa di regione in regione. Ad oggi il 90% delle ricostruzioni in contemporanea avviene nel nord e nel centro Italia. Nel meridione, rispetto al centro nord, si effettuano meno ricostruzioni per una minore presenza di breast unit seppure non manchino centri d’eccellenza.

Crediamo che a tutte le donne debba essere data la possibilità di riavere il proprio seno, rapidamente e con le tecniche migliori possibili, lasciando che l’eventuale rifiuto a ricostruirlo sia esclusivamente il frutto di una scelta volontaria e consapevole o che si limiti ai pochissimi casi di tumori che si colgono in fase molto avanzata.

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